Respingere la riduzione dei parlamentari significa dire NO alle derive populiste e alle tentazioni decisioniste che si celano dietro una proposta semplicistica e solo apparentemente accattivante.
La proposta di tagliare drasticamente il numero dei deputati e dei senatori elettivi non rafforza affatto la nostra democrazia; anzi, la indebolisce parecchio, anche perché lascia intatti tutti i problemi dell’attuale sistema parlamentare.
In passato, ci siamo sempre dichiarati favorevoli alla riduzione del numero dei parlamentari nel quadro di un progetto complessivo di riforma costituzionale volta a rendere più efficiente la democrazia parlamentare, anche superando il carattere perfetto del nostro bicameralismo, distinguendo le funzioni e le competenze della Camera dei deputati da quelle del Senato della Repubblica. Ma la revisione costituzionale sottoposta oggi a referendum non si propone affatto di rendere più efficiente la nostra democrazia.
Chi sostiene la riduzione dei parlamentari infatti ha sempre guardato con scherno alla democrazia rappresentativa, illudendosi di poterla quasi integralmente sostituire con forme alternative di democrazia diretta.
Nelle grandi società complesse dell’età contemporanea la democrazia non può che basarsi sulla rappresentanza e sulle formazioni sociali capaci di promuovere la partecipazione politica. Il combinarsi di rappresentanza e di partecipazione rende infatti possibili i momenti di dialogo e confronto, vero antidoto rispetto agli sterili conflitti frontali tipici di tutti i populismi.
La democrazia diretta può soltanto affiancare, nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione, la democrazia rappresentativa, insostituibile testata d’angolo delle istituzioni repubblicane.
Se la democrazia è necessariamente rappresentativa, contrapporre corpo elettorale e parlamentari, rappresentati e rappresentanti – come si propongono di fare i sostenitori del sì al referendum – costituisce un gioco estremamente pericoloso che soffia sul fuoco del populismo. La storia del nostro paese dovrebbe averci dolorosamente insegnato che la delegittimazione del Parlamento apre rapidamente la strada a soluzioni autoritarie, vale a dire alla morte della democrazia.
Un Parlamento rimpicciolito risulterà non soltanto più inefficiente, ma anche meno rappresentativo, soprattutto delle aree periferiche e meno popolate del paese. Ancora, con l’attuale sistema elettorale, le forze politiche minori avranno più difficoltà a far sentire la propria voce nelle aule parlamentari, mentre i collegi uninominali diventeranno assai più ampi, rendendo così più dispendiose le campagne elettorali e attenuando il legame tra l’eletto e il territorio che l’ha espresso. Si rafforzerà così il controllo oligarchico dei vertici dei partiti sulla scelta dei candidati e sull’individuazione degli eletti. Ridurre drasticamente il numero dei parlamentari senza introdurre una nuova legge elettorale più rispettosa delle minoranze politiche costituisce un vero e proprio salto nel buio. Prima del referendum, ci sarebbe stato tutto il tempo per adottare una nuova legge elettorale che consentisse agli elettori di scegliere realmente i propri rappresentanti. È estremamente significativo che non si sia voluto procedere speditamente in tal senso.
Indebolire il Parlamento significa anche ritornare indietro, ancora una volta, rispetto alla parità fra i generi nella rappresentanza politica e alla partecipazione paritaria delle donne alle decisioni politiche fondamentali.
Inoltre il taglio dei i parlamentari ridurrà la rappresentanza degli italiani all’estero.
La situazione che stiamo vivendo negli ultimi mesi, così fortemente segnata dall’emergenza virale e dal conseguente massiccio ricorso ad atti normativi del Governo, richiede, per mantenere un equilibrio fra i poteri, un rafforzamento del ruolo parlamentare di indirizzo e di controllo; dunque un potenziamento dello stesso Parlamento.
Ridurre il numero dei parlamentari finisce invece per indebolire la capacità di lavoro delle Camere, non solo nelle rispettive aule, ma anche nelle commissioni, dove oggi si svolge tanta parte dell’attività parlamentare.
Tanto più che al taglio dei deputati e dei senatori non si accompagna l’introduzione di alcuna incompatibilità fra la carica parlamentare e quelle governative in specie e politiche in genere.
Di conseguenza, non pochi parlamentari continueranno a non poter partecipare attivamente ai lavori delle Camere, in quanto impegnati prevalentemente altrove.
Tanto più che i costi del Parlamento rappresentano una minima parte dei costi della politica. A tutto voler concedere, se proprio si volessero tagliare i costi del Parlamento, basterebbe ridurre i privilegi.
A ben vedere, la volontà di tagliare i costi della politica nasconde quella di ridurre i costi della democrazia e, per tal via, purtroppo, quest’ultima.
Per difendere i principi della democrazia parlamentare, i valori della rappresentanza popolare e il libero confronto fra tutte le forze politiche
il 20-21 settembre voteremo NO
L’appello per il No è aperto a tutti coloro che lo vorranno sottoscrivere: è possibile aderire sul sito noiperilno.it oppure con una email a noiperilno@gmail.com.
Primi firmatari:
Pietro Grasso
Luigi Ciotti
Carla Federica Nespolo
Guido Bodrato
Marisa Rodano
Silvia Calamandrei
Marianna Scalfaro
Carlo Zaccagnini
Rossella Muroni
Enzo Balboni
Matteo Cosulich
Giorgio Pagliari
Nando Dalla Chiesa
Livia Turco
Rosa Russo Jervolino
Giorgio Merlo
Silvia Prodi
Mario Primicerio
Luciano Silvestri
Nerina Dirindin
Luisa Bossa
Anna Margherita Miotto
Daniela Mazzuconi
Mario Pepe
Marina Magistrelli
Giampiero Scanu